Atti 27:22-25, 30-34
Luca descrive in dettaglio il viaggio dell’apostolo Paolo verso Roma. Lo presenta come l’eroe, l’uomo che mette in pratica la sua fede nelle circostanze più avverse. Paolo insieme a Luca, Aristarco e certi altri prigionieri destinati alla morte perché mandati a Roma per i giochi del circo, si imbarcano da Cesarea alla volta di Roma, al comando di un centurione romano di nome Giulio.
Ogni qual volta vedo un’imbarcazione con il suo carico di persone prendere il largo sulle acque del mare, mi sembra di vedere la chiesa, persone che una dopo l’altra prendono posto sulla nave e si separano dalla folla, navigando verso il porto desiderato.
Quando penso a Gesù con i suoi discepoli sulla barca durante la tempesta, vedo la chiesa che si stringe al suo Salvatore, il quale dirà loro: “Sono io non temete”. Cosa dire ancora di Noè con la sua famiglia nell’arca, mentre tutto il mondo veniva sommerso dalle acque del giudizio, mi fa ancora pensare alla chiesa dei riscattati con il sangue di Cristo Gesù, per loro non c’è più condanna.
Nei versi 18 e 20 si può comprendere quale spettacolo terrificante si presentava agli occhi dei viaggiatori, leggiamolo direttamente dallo scrittore Luca: “Già da molti giorni non si vedevano né sole né stelle, e sopra di noi infuriava una forte tempesta, sicché ogni speranza di scampare era ormai persa”.
Possiamo immaginare Paolo in qualche angolo della nave appartato per pregare; quale contrasto tra la titubanza del centurione e del capitano della nave, il timore dei marinai e dei passeggeri e il coraggio e la saggezza di Paolo, il quale ha piena fiducia in Dio che dice: “Quando attraverserai delle acque, io sarò con te ” (Isaia 43:2).
Da chi potevano ricevere soccorso? Non c’erano strumenti di comunicazione per diffondere S.O.S.
La loro bussola erano le stelle del ciclo e il sole, ma anche quelli si erano nascosti. Ma il servo di Dio poteva comunicare con il comando supremo dell’universo, e proprio quando umanamente avevano perso ogni speranza di scampare, lui poteva dire “neppure un capello del vostro capo perirà” (v.34). I dubbiosi però, volevano lasciare la nave e già stavano calando la scialuppa con il pretesto di gettare le ancore da prua, (v. 30). Paolo, energicamente disse al centurione e ai soldati: “se costoro non rimangono sulla nave voi non potete scampare (v.31) e li esortò tutti a prendere cibo… “.Dio protegge la nave e non le scialuppe dei fuggiaschi, i separatisti, quelli che non stanno mai bene nella comunità della chiesa. Questa è una buona lezione per i disordinati di tutti i tempi.
Vv. 40-44 Quella nave possiamo chiamarla: “La nave della Salvezza” perché era diventata la chiesa del Signore; tutti dipendevano da un unico ministero: quello di Paolo. La parte visibile della nave era opera della mano dell’uomo che serve per un tempo, perciò si sfasciò per la violenza delle onde; ma tutte le persone che avevano preso posto sulla nave giunsero tutte salve a terra. Qualcuno ha detto che la chiesa ha pure dei beni terreni, ma non si possono salvare cose e persone; quelli che si aggrappano alle cose periranno con quelle cose. Si salvano tutti quelli che si aggrappano a Cristo mediante la fede. Alcuni hanno fatto “getto” della fede per salvare i beni materiali e hanno naufragato quanto alle fede, 1 Timoteo 1:19-20 “Conservando la fede e una buona coscienza, alla quale alcuni hanno rinunciato, e così hanno fatto naufragio quanto alla fede”. Costoro non potranno dire un giorno come l’apostolo Paolo, “Quanto a me ..il tempo della mia partenza è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa ho conservato la fede, ormai mi è riservata la corona di giustizia, che il Signore, il giusto giudice mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione ” (2 Timoteo 4:6-8).
Francesco Rauti